INTRODUZIONE Più volte, in questi ultimi anni, mi è stato detto, quasi con invidia: “Beato te che credi in Dio”, oppure “Beato te che hai trovato la fede”. Ed è proprio da questa espressione che nasce il titolo di questo libro: “Beato chi crede!”. Queste parole, che potrebbero sembrare semplici osservazioni, nascondono una profonda verità: la fede è un tesoro inestimabile che trasforma radicalmente l’esistenza umana. Chi pronuncia queste parole con invidia intuisce, anche solo vagamente, la straordinaria qualità di vita che la fede porta con sè. Ciò che molti percepiscono, pur senza comprenderlo pienamente, è quella pace profonda che solo una relazione autentica con Dio può portare, una pace che supera ogni comprensione (Filippesi 4:7) e che permane anche nelle difficoltà della vita. Questa pace non è assenza di problemi, ma la certezza di affrontarli insieme al Dio saggio e sovrano, che ama di un amore eterno. E proprio questa profonda pace interiore ci introduce a una verità fon...
Efesini 1:15: La motivazione dell’intercessione di Paolo.
“ Perciò anch'io, avendo udito parlare della vostra fede nel Signore Gesù e del vostro amore per tutti i santi, non smetto mai di rendere grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere”.
Molte chiese e molti cristiani, si comportano come se la predicazione e la sana dottrina siano la cosa più importante, certamente lo sono, ma lo è anche la preghiera. Una chiesa, o individuo che mette solo l’enfasi sulla predicazione e sulla dottrina, e trascura la preghiera, è come una bella macchina sportiva senza molto olio nel motore, può fare un bel rombo, può andare veloce, ma prima, o poi si romperà.
Alla luce della loro meravigliosa eredità in Gesù Cristo (Efesini 1:3-14), Paolo adesso intercede per i possessori di quel tesoro. Nonostante le sue condizioni potessero essere difficili, perché si trova agli arresti, Paolo prega per gli altri, non è risucchiato dai suoi problemi. Siamo di fronte un uomo spirituale. Quando si hanno problemi, alcuni non hanno voglia di pregare per gli altri e forse non lo fanno nemmeno per loro stessi. Paolo invece prega per gli altri. Noi vediamo l’occasione della preghiera: Paolo aveva sentito parlare della fede e dell’amore di questi credenti e quindi prega per loro.
O Paolo si riferisce a credenti che non conosceva (la lettera agli Efesini in realtà era una lettera circolare per le chiese dell’Asia Minore, scritta anche a credenti che Paolo non conosceva di persona delle chiese circostanti Efeso, vedi Colossesi 1:4,7,9).
Oppure si riferisce alla chiesa che conosceva, ma che dall’ultimo contatto con loro era passato un po’ di tempo, e avendo ricevuto notizie nuove positive sulla loro fede e sul loro amore (stavano continuando e crescendo nella fede), questo, l’ha spinto a pregare per loro.
Oppure si erano aggiunti dei nuovi credenti alla chiesa di Efeso e aveva sentito parlare di loro, della loro fede e amore per i fratelli, e quindi prega per loro.
Comunque sia la motivazione per cui Paolo prega per queste persone è: erano cristiani, erano dei fratelli in Cristo. Questo dovrebbe motivarci a pregare per i nostri fratelli, per i loro bisogni (Efesini 1:17-18). Facciamo parte di un'unica chiesa, di un unico corpo, di un'unica famiglia, di un unico popolo, di un unico tempio (Efesini 1:22-23; 2:19-22; 4:4,15-16), non possiamo essere indifferenti ai nostri fratelli in Cristo, sia se li conosciamo o no. Pregare per loro è un atto di amore per Dio e loro stessi, un atto d’identificazione, cioè li reputiamo parte di noi stessi e noi di loro come membri del corpo unico di Cristo. Paolo ringrazia Dio per questi credenti per la loro fede e per il loro amore. Così colui che si dice di essere un cristiano dovrebbe ringraziare Dio per i suoi fratelli in fede. Paolo mette in pratica ciò che dice il Salmista: “Quanto ai santi che son sulla terra, essi sono la gente onorata in cui ripongo tutto il mio affetto” (Salmo 16:3).
Tu li stai onorando?