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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Come il Signore (Matteo 10:24-25; Luca 6:40; Giovanni 13:16; 15:20).

Come il Signore (Matteo 10:24-25; Luca 6:40; Giovanni 13:16; 15:20).
Le persone di questo mondo hanno i propri guru, maestri a cui guardano, il cristiano guarda solo Gesù Cristo: il Maestro e il Signore!
“Il servo non è più grande del suo signore”, il principio di questa parabola nelle sue varie forme, è ripetuta più volte nella Bibbia. Per quale motivo? Cosa significa? Come possiamo applicarle alla nostra vita oggi?
Di questa parabola vediamo le versioni, i contesti dove è stata detta, e infine gli insegnamenti.

I LE VERSIONI DELLA PARABOLA.
Ci sono tre versioni di questa parabola:
A) I discepoli e il loro maestro (Matteo 10:24-25; Luca 6:40).
Noi leggiamo in Matteo 10:24: “Un discepolo non è superiore al maestro”, né un servo superiore al suo signore”.
Così in Luca 6:40 è scritto: “Un discepolo non è più grande del maestro; ma ogni discepolo ben preparato sarà come il suo maestro”.
In primo luogo vediamo il rapporto:
(1) Il rapporto discepoli e maestri.
La parola “discepolo” (greco mathētēs ) lo troviamo ben 230 volte nei Vangeli e 28 volte in Atti. 
Il termine non si riferisce solo ai dodici apostoli, infatti, noi troviamo l’espressione per indicare altre persone che seguivano Gesù (Luca 6:13; Giov.6:65-67; Atti 6:1-2,7; 9:10,19;ecc.).
Il rapporto tra discepolo e maestro consisteva in un costante impegno del seguace al maestro, al suo insegnamento particolare, o missione, e in un’imitazione del suo comportamento.
Nel giudaismo del primo secolo diversi tipi d’individui sono stati chiamati “discepoli” (greco mathētēs, ebraico talmîḏ).  
I discepoli erano aderenti, o seguaci che erano impegnati e riconoscevano un leader, o un insegnante, o un movimento. 
A parte i discepoli di Gesù, i Vangeli menzionano i “discepoli dei farisei” (Matteo 22:15-16; Marco 2:18), “i discepoli di Giovanni il Battista” (Marco 2:18), “ i discepoli di Mosè” (Giovanni 9:24-29). 
In secondo luogo vediamo:
(2) Il rapporto di Gesù con i Suoi discepoli.
Fin dall’inizio del Suo ministero pubblico, Gesù aveva dei seguaci. 
I suoi primi seguaci, erano in origine discepoli di Giovanni il Battista (Giovanni 1:35-39). 
Lo scopo del Battista era di portare le persone a Gesù (cfr. Luca 1:17; Giovanni 3:22-30). 
Poiché Gesù ha concentrato il Suo ministero nella regione della Galilea, i primi discepoli sono stati proprio di questa regione (Marco 1:16-20; 2:13-14). 
Il movimento di Gesù ebbe una rapida crescita, vi erano numerosi discepoli che lo seguivano, una cerchia ampia (Matteo 8:19-21;27:57; Luca 6:17;10:1; Giovanni 6:60), di questi, Gesù ne scelse dodici per prepararli in modo particolare affinché collaborassero (Matteo 10:1-15) e a loro volta facessero altri discepoli a Gesù (Marco 3:13-19; Luca 6:12-16; Matteo 28:18-20). 
La parola “maestro” (didaskalon) è "insegnante" fra i greci denotava colui che istruisce i suoi allievi. 
L'insegnante nel mondo greco poteva essere un educatore, o un leader di una scuola filosofica. 
Nel Nuovo Testamento appare 58 volte, più frequentemente nei Vangeli (48 volte), 41 volte il termine viene applicato a Gesù. 
Nei Vangeli “maestro” è chiamato Giovanni Battista (Luca 3:12), Nicodemo (Giovanni 3:10) e gli scribi (Luca 2:46).
L'insegnante era colui che esponeva la volontà divina, come stabilito nella Scrittura.
Gesù Cristo è venuto da Dio come “Maestro”, come Suo portavoce (Giovanni 3:2; Ebrei 1:1). 
Benché, come insegnante, Gesù era unico (Giovanni 7:46) non era stato educato a esserlo in senso tradizionale. 
Non era un insegnante autorizzato agli occhi della comunità religiosa e trovava opposizione (Giovanni 7:15; cfr. Matteo 13:54), perché non seguiva le scuole tradizionali di pensiero, né insegnava con metodi rabbinici tradizionali. 
Egli basava le sue argomentazioni su un’interpretazione diretta delle Scritture (per esempio Matteo 5:33-34). 
In Gesù la rivelazione di Dio raggiunge il suo culmine, il suo compimento, e quindi la sua fine (cfr. Giovanni 1: 17-18; Ebrei 1:1-3). 
Passiamo ora alla seconda versione di questa parabola:
B) Il servo e il suo padrone (Matteo 10:24; Giovanni 13:16; 15:20).
Matteo 10:24: “Un discepolo non è superiore al maestro, né un servo superiore al suo signore”.
Giovanni 13:16: “In verità, in verità vi dico che il servo non è maggiore del suo signore”.
Giovanni 15:20: “Ricordatevi della parola che vi ho detta: ‘Il servo non è più grande del suo signore’”.
Chi è il:
(1) Servo.
La parola “servo” (doulos) significa fondamentalmente “schiavo di un padrone”. 
“Servo” designa un rapporto incondizionato di dipendenza da un signore che rivendica una signoria totale a cui il servo da una completa sottomissione. 
Essere servo, indica dipendenza assoluta e totale, qualcuno subordinato a un altro, che non può esercitare nessuna volontà, o iniziativa personale. 
Il suo lavoro non ha diritto, ricompensa, né gratitudine e quindi non ha condizioni, clausole di nessun genere come Gesù racconta nella parabola del servo inutile, o dei talenti dove vediamo che i servi devono sottostare alle direttive dei loro padroni (Luca 17:7-10; Matteo 25:14-29). 
Il servo riguardo il rapporto con Dio, perciò ha una relazione permanente di sottomissione all'autorità assoluta di Dio, è chiamato a essere fedele e saggio, attivo nel servizio.  
Il servo in senso religioso, nel Nuovo Testamento è colui che Gesù ha riscattato (lutron Marco 10:45); questo significa che ha pagato un prezzo perché noi, credenti, potessimo essere liberi dalla schiavitù del peccato (Giovanni 8:34; Romani 6:17); degli elementi del mondo (Galati 4:3,8 ) della paura della morte (Ebrei 2:15); delle passioni (Tito 3:3). 
Solo Gesù può liberare (Giovanni 8:36; Romani 6:18). 
I cristiani sono stati acquistati e pagati dal Signore (Apocalisse 5:9), quindi non appartengono più a loro stessi, ma a Dio (cfr. 1 Corinzi 6:19-20). 
Coloro che sono riscattati, lo sono non per l’autonomia, ma per avere un rapporto organico di ubbidienza e sottomissione a Dio; alla Sua guida e direttive (1 Corinzi 7:22 ; Efesini 6:6; Romani 14:18; 16:18 ; Colossesi 3:25 ).
Passiamo ora alla parola:
(2) Signore.
Nel greco “signore” (kurios) indica il padrone, colui che comanda, il proprietario di uno schiavo (Atti 16:16,19; Efesini 6:5,9; Colossesi 3:22; Colossesi 4:1; Marco 12:9; Luca 19:33; Matteo 15:27; Galati 4:1).
“Signore” designa una persona che esercita il controllo, il potere su un’altra persona o su una cosa con un potere decisionale (Matteo 7:21; 21:29). 
“Signore” indica potente, la forza che può comandare, autorità su qualcuno, o qualcosa, potere legale, giusto valido, autorizzato, legittimo come il proprietario di uno schiavo. 
“Signore” (kurios) è "suprema autorità". 
Nell’Antico Testamento traduce il nome ebraico di Yahwè e oltre a significare l’esistenza, la presenza concreta, quindi il nome di Dio, esprime anche Creatore e Signore su tutto e tutti. 
È il Signore della vita e della morte, ma anche l’Iddio del Patto, Colui che ha eletto Israele come Sua proprietà e che lo ha salvato dalla schiavitù di Egitto e quindi è il Padrone legittimo di Israele, ha perciò un potere illimitato. 
Nel Nuovo Testamento vediamo che Gesù è il Signore.
Per esempio in Luca 6:46 Gesù dice: "Perché mi chiamate: "Signore, Signore!" e non fate quello che dico?". (Cfr.1 Corinzi 8:6).
Vediamo ora la terza versione di questa parabola:
C) Il messaggero e il mandante (Giovanni 13:16). 
In Giovanni 13:16 Gesù dice: “In verità, in verità vi dico che il servo non è maggiore del suo signore, né il messaggero è maggiore di colui che lo ha mandato”.
Il messaggero (apostolos) significa colui che è stato mandato in avanti con degli ordini e con autorità, è un delegato.
È il rappresentante diretto di chi lo invia, obbligato a una stretta obbedienza, indica una precisa missione assegnata a un messaggero, la sua subordinazione alla volontà di colui che lo ha mandato e agisce in tutte le questioni per promuovere solo l’interesse di colui che lo manda.
Giovanni Battista fu inviato da Dio per preparare Israele per la venuta di Gesù Cristo (Giovanni 1:6). 
Gesù a sua volta è stato mandato dal Padre celeste (Giovanni 4:34; 10:36), di questo ne era consapevole (Giovanni 3:17; 5:30; 6:39; 7:29; 17:3). 
Il termine si riferisce anche ai dodici discepoli che Gesù scelse per essere suoi testimoni (Luca 6:13; Atti 1:2, 26) per guarire e predicare il Vangelo (Luca 9:2; Giovanni 20:21).  
Anche Paolo, era un  apostolo (1 Corinzi 15:9; 2 Corinzi 11:13; 1 Tessalonicesi 2:6).
Egli era autorizzato, come messaggero e rappresentante del Signore crocifisso e risorto, per portare il Vangelo ai gentili (Romani 1:1; Galati 1:15; 2:8; 2 Corinzi 5:19; 1 Tessalonicesi 2:4-9).
Quindi, l’apostolo non lo è di propria iniziativa e nemmeno da volontà umana, ma lo era per iniziativa divina (Galati 1:1-2; 2 Corinzi 3:5).
Gli apostoli erano investiti di potenza e autorità dello Spirito Santo (Luca 24:49; Atti 1:8; 1 Tessalonicesi 1:5).
Molti prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli con la potenza di Dio (2 Corinzi 6:7; 12:12).
Anche nella chiesa primitiva vi erano i mandati, come Barnaba; la chiesa di Gerusalemme mandò Barnaba ad Antiochia per pascere la chiesa nascente che stava crescendo (Atti 11:22). 
Quindi “apostolo” era applicato anche in un senso molto più ampio, a tutti coloro che erano collaboratori dei “dodici”, che testimoniavano di Cristo e fondavano, o curavano nuove chiese, quindi erano missionari (Atti 13:1-3; 14: 4, 14; 15:2; Romani 16:7; 2 Corinzi 8:23). 
II I CONTESTI DELLA PARABOLA.
Noi troviamo questa parabola nel:
A) Sermone sul monte (Luca 6:40).
Il detto: “Un discepolo non è più grande del maestro; ma ogni discepolo ben preparato sarà come il suo maestro” è scritto in Luca 6:40.
Il discorso sul sermone sul monte in Luca comincia con le beatitudini (vv.20-23), poi prosegue con i guai (vv.24-26), poi descrive quale sia la condotta giusta di quelli che appartengono al regno di Dio, in modo particolare sull’amore e sul non giudicare gli altri (vv.27-38). 
Nel v.39, Gesù racconta la parabola che un cieco che guida un altro cieco cadranno entrambi in un fosso riferendosi all’ignoranza e alla perversione della verità dei farisei e degli scribi (Matteo 23:16,19,24,26).  
Quindi, questo detto segue la parabola sulle guide cieche, Gesù dice che un discepolo, non è più grande del maestro, ma sarà ben preparato come il suo maestro, non sarà cieco, cioè senza conoscenza spirituale, questo è in riferimento alla preparazione dei discepoli di Gesù con Gesù.
Noi troviamo questa parabola nella:
B) Missione dei dodici (Matteo 10:24).
“Un discepolo non è superiore al maestro, né un servo superiore al suo signore” dice Matteo 10:24.
Il contesto di questa parabola si trova all’interno della sezione della missione di Gesù dei dodici apostoli quando si trovavano in Galilea.
Gesù mandò i dodici apostoli a predicare la buona notizia che il regno dei cieli era vicino. 
I poteri miracolosi di Gesù sono stati dati anche a loro (vv.1-2). 
Gli apostoli dovevano andare solo alle pecore perdute della casa d’Israele (vv.5-6), dovevano predicare che il regno dei cieli è vicino (v.7) e dovevano guarire gli ammalati e risuscitare i morti, scacciare i demòni senza farsi pagare (v.8).
Dovevano portare con sé solo lo stretto necessario per le necessità quotidiane (vv.9-10).
Inoltre non dovevano perdere tempo a predicare a persone che si rifiutavano di ascoltarli (vv.11-15).
Gesù li mette anche in guardia riguardo le persecuzioni, ma lo Spirito Santo sarebbe stato con loro (vv.16-26), loro non devono temere (vv.27-31). 
Noi troviamo questa parabola:
C) Durante l’ultima cena (Giovanni 13:16).
In Giovanni 13:16 Gesù afferma: “In verità, in verità vi dico che il servo non è maggiore del suo signore, né il messaggero è maggiore di colui che lo ha mandato”.
Gesù voleva preparare i dodici per la sua partenza, questo ebbe inizio con l’ultima cena.
In questa ultima cena, Gesù prese il posto di un servo e lavò i piedi ai discepoli. 
Con quest’azione egli simboleggiava in modo particolare di essere umili, a seguire il suo esempio.
Noi troviamo questa parabola:
D) Dopo l’ultima cena (Giovanni 15:20).
In Giovanni 15:20 Gesù dice: “Ricordatevi della parola che vi ho detta: ‘Il servo non è più grande del suo signore’. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra”.
C’è un’unione particolare tra Gesù e i discepoli rappresentato dalla vite e i tralci (vv.1-11).
Sono anche i suoi amici; Gesù li ha scelti per portare molto frutto (vv.12-17). 
Questo rapporto con Gesù significa anche che come hanno perseguitato Lui, perseguiteranno anche i Suoi discepoli, come hanno osservato la Sua parola osserveranno anche la loro! (vv.18-21)
III GLI INSEGNAMENTI DELLA PARABOLA.
Noi vediamo la:
A) Scolarizzazione.
“Un discepolo non è più grande del maestro; ma ogni discepolo ben preparato sarà come il suo maestro” dice Gesù in Luca 6:40.
Qui noi vediamo l’enfasi sulla preparazione del discepolo come il suo maestro.
Questo versetto abbiamo visto prima, è collegato al v.39 dove Gesù dice: “Può un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso?” (cfr. Matteo 15:14).
“Cieco” si riferisce alla cecità spirituale, all’ignoranza e alla perversione riguardo la verità di alcune guide religiose, in questo caso i farisei e gli scribi (Matteo 15:1-2,14; 23:16,19,24,26).
Se l’insegnante e lo studente sono entrambi ciechi cadranno in un fosso. 
Lo studente cieco - spiritualmente parlando - seguendo gli errori dottrinali dell’insegnante, anche lui cieco ne condividerà la rovina finale.
Ora ritornando alla nostra parabola, l’obiettivo del discepolo, non è quello di diventare superiore al maestro, all’insegnante, ma diventare come lui, essere ben preparato come il maestro, facendo appunto attenzione che non sia nella cecità spirituale.
“Ben preparato” (katērtismenos- perfetto passivo participio) indica idoneo, completo, ben addestrato, essere pienamente qualificato, attrezzato, istruito.
Leon Morris scrive: “ Il progredire di uno studente trova un limite nell’insegnamento che riceve” .
Un discepolo non può sapere più del suo insegnante, non può superarlo, al massimo sarà come il suo insegnante: se è nella cecità spirituale, lo sarà anche lui!
Ora noi dobbiamo capire che questa parabola, Gesù la disse in un contesto in cui il discepolo aveva solo il suo insegnante come fonte d’informazione, non aveva internet, biblioteche e altri strumenti che gli potevano dare infinite possibilità di conoscenza così da essere più preparato del maestro.
Il discepolo poteva conoscere solo quello che l’insegnante gli insegnava, l’istruzione era solo orale e personale attraverso l’insegnante con il quale viveva fianco a fianco e da cui  adottava anche il suo stile di vita.
L'insegnante non si limitava a impartire solo un corpo d’informazioni, ma insegnava anche al discepolo a essere una persona come lo era lui.
Possiamo fare tre applicazioni in questo contesto:
1) I discepoli devono scegliere il giusto insegnante. 
I discepoli non devono seguire un insegnante cieco spiritualmente parlando. 
I discepoli non devono accettare gli insegnanti inadeguati perché saranno vincolati o fuorviati dalla verità dalle limitazioni del loro insegnante. 
Nessun discepolo cieco vedrà se seguirà un insegnante cieco! Anzi cadranno tuitti e due nella fossa!
Questo li mette in guardia a non seguire i farisei, e a noi oggi questa verità ci avverte di stare lontano da insegnanti che sono nella cecità spirituale, che non seguono l’insegnamento di Gesù.
Non importa quanti insegnanti umani si possono avere, la nostra autorità finale deve essere Cristo e la sua Parola!
Quindi fai attenzione a quale insegnante segui se non ti vuoi trovane nel fosso!
La seconda applicazione è:
2) I discepoli devono assomigliare a Gesù. 
I discepoli non erano più grandi di Gesù, e non potevano esserlo, dovevano solo formare se stessi per essere come Lui (Romani 8:29; Efesini 4:13).
Come Suoi discepoli siamo chiamati a conoscere e a seguire il Suo insegnamento, ad assomigliare, ad essere conformi a Lui come carattere e comportamento.
Una donna fuori peso, tarchiata è andata in una clinica per trovare la forma giusta e perdere peso. La prima cosa che il supervisore ha fatto è stato disegnare una silhouette su uno specchio la forma che desiderava diventare. Mentre se ne stava davanti allo specchio, e vedeva che il suo corpo era fuori la silhouette, l'istruttore le disse: "Il nostro obiettivo per voi è che lei rientri in questa forma, in questa silhouette ". La donna cominciò la dieta e gli esercizi fisici, ogni settimana si fermava davanti allo specchio, e benché il suo volume diminuiva, era ancora fuori da quella silhouette. Così lei divenne ancora più determinata nella dieta e negli esercizi. Finalmente un giorno, andò davanti allo specchio, è vide che era conforme alla silhouette disegnata. 
Ci vuole tempo, impegno, disciplina per essere conformi all'immagine del Figlio di Dio. 
Non solo di conoscere ciò che ha fatto, o ha insegnato Gesù, ma dobbiamo anche avere la Sua silhouette, forma spirituale e morale!
3) Gli insegnanti devono stare attenti a non essere ciechi e ignoranti.
L’insegnante cristiano è chiamato a essere ben preparato per insegnare agli altri! Come farà a insegnare agli altri se lui non conosce? Non può insegnare ciò che non conosce, e se non conosce la verità, può insegnare ciò che non deve insegnare, può insegnare dottrine sbagliate!
Questo avrà conseguenze gravi su chi lo segue: cadranno entrambi nel fosso!
È una bella responsabilità, e subirà un severo giudizio di Dio se insegna cose sbagliate (Giacomo 3:1-2).
Il discepolo di Gesù è chiamato a essere totalmente fedele a Gesù, a seguire il Suo insegnamento per poi insegnarlo agli altri (cfr. Matteo 28:20; 2 Timoteo 2:2).
Ma i suoi discepoli non devono andare oltre ciò che hanno imparato da Gesù!!
Noi vediamo il secondo insegnamento di questa parabola:
B) La Sofferenza (Matteo 10:24-25; Giovanni 15:20).
In Matteo 10:24-25 Gesù afferma: “Un discepolo non è superiore al maestro, né un servo superiore al suo signore. Basti al discepolo essere come il suo maestro e al servo essere come il suo signore. Se hanno chiamato Belzebù il padrone, quanto più chiameranno così quelli di casa sua!”
Gesù in Giovanni 15:20 dice: “Ricordatevi della parola che vi ho detta: ‘Il servo non è più grande del suo signore’. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi”.
Come cristiani non possiamo aspettarci di essere trattati meglio del nostro Maestro e Signore Gesù Cristo.
Se Gesù, l'Insegnante e il Signore è stato perseguitato lo saranno anche i suoi discepoli,i suoi servi. 
I discepoli avevano bisogno di sapere che non potevano aspettarsi un trattamento migliore del loro Signore, il mondo odia i discepoli di Gesù a causa di Gesù (cfr. Matteo 10:16-22; Giovanni 15:18-20; 1 Pietro 4: 1).
Il trattamento che è stato dato a Gesù, sarà dato ai Suoi discepoli, ai Suoi servi, saranno perseguitati.
La persecuzione è inevitabile per coloro che servono Cristo. 
Uno schiavo non è superiore del suo padrone; il concetto stesso di servo significa che occupa una posizione inferiore, e quindi se maltrattano il padrone così faranno con i Suoi servi, che gli sono subordinati, nessuno schiavo è più importante, o degno del suo signore.
I discepoli non possono aspettarsi di ricevere un trattamento migliore di quello che il loro Maestro e Signore ha ricevuto. 
Gesù fu calunniato, rifiutato e poi ucciso da coloro che Egli ha fatto del bene nonostante non vi fosse alcun errore nel suo insegnamento e nessun peccato nella sua vita!!
Non dobbiamo meravigliarci se lo faranno con noi visto, che non siamo perfetti nel fare il bene! 
I discepoli e servi di Gesù non devono aspettarsi di essere trattati meglio di come Gesù stesso è stato trattato!!
I discepoli hanno il privilegio di partecipare all’opera di Cristo, al progresso del regno dei cieli (Matteo 10:1-15) e di rappresentarlo (Matteo 10:40-42), ma devono aspettarsi anche l’impopolarità, la persecuzione (Matteo 10:16-25; Giovanni 15:18-20), la sofferenza morale e fisica (Matteo 5:11-12; Atti 14:22; Filippesi 1:29-30).
Come hanno odiato Gesù così odieranno anche i Suoi discepoli, i Suoi servi (Matteo 10:22; Giovanni 18:18-20).
I discepoli si devono aspettare gli stessi insulti e calunnie che hanno fatto a Gesù!
L’hanno chiamato Belzebù, il nome del principe dei demoni (Matteo 12:24,47, cfr. Giovanni 8:48) così faranno con i Suoi discepoli, con coloro che gli appartengono, quelli di casa sua.
Dalla storia Biblica e secolare sappiamo che i cristiani furono perseguitati sia dai Giudei che dai Romani.
Ancora oggi esiste la persecuzione sotto varie forme dalle più leggere come l’emarginazione, gli insulti, alle più pesanti fino al martirio in certe zone del mondo!
Non ci illudiamo sperando di essere accolti a braccia aperte! Lo faranno in pochi (cfr. Matteo 7:13-14;22:14)
La persecuzione non è segno di giudizio, ma segno che il cristiano appartiene a Lui come discepolo e servo! 
I discepoli di Gesù non devono sorprendersi se sono perseguitati! 
Se seguono, Gesù non devono aspettarsi niente di meno, dobbiamo essere preparati a questo (2 Timoteo 3:12).
La persecuzione non deve essere vista come una disapprovazione di Dio: Gesù è stato perseguitato, gli apostoli furono perseguitati perché predicavano Gesù (per esempio Atti 5:41, 7:57-59; 13:50; 14:19), e prima di loro i profeti (Matteo 5:12).
Quando il cristianesimo è difficile, quando stiamo soffrendo per in nome di Gesù possiamo dire a noi stessi: “Stiamo calcando il terreno dove camminarono i servi del Signore dell’Antico Testamento, lo stesso Gesù e gli apostoli”.
Il vero discepolo di Gesù non aspira a essere accettato, a diventare famoso, a essere rispettato e amato da tutto il mondo, Gesù non è stato ascoltato e amato da tutti, così anche gli apostoli furono da molte persone rifiutate, oltraggiate, disprezzate e alcuni furono uccisi!
Noi vediamo il terzo insegnamento di questa parabola:
C) Il Successo (Giovanni 15:20)
In Giovanni 15:20 Gesù dice:“Se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra”.
L'atteggiamento del mondo verso i suoi discepoli non sarà del tutto negativo, così come non lo era completamente negativo verso Gesù. 
Alcuni hanno risposto al Suo insegnamento positivamente, così alcuni risponderanno anche all'insegnamento dei suoi discepoli.
Nella storia del Nuovo Testamento leggiamo proprio questo nel libro degli Atti e nelle lettere vediamo la nascita di molte chiese. 
Anche oggi possiamo riscontrare la stessa cosa anche se la maggioranza delle persone rifiuta il messaggio del Vangelo! (cfr. Matteo 7:13-14; 22:14; 2 Corinzi 2:14-17).
Aspettiamoci che ci saranno sia quelli che non ci ascoltano, e quindi non si salveranno, come ci saranno anche quelli che ci ascolteranno.
Infine questa parabola c’insegna:
D) Il Servizio e la Sottomissione reciproca (Giovanni 13:16). 
In Giovanni 13:13-17 dopo che Gesù ebbe lavato i piedi disse: “Voi mi chiamate Maestro e Signore; e dite bene, perché lo sono.  Se dunque io, che sono il Signore e il Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri.  Infatti vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come vi ho fatto io.  In verità, in verità vi dico che il servo non è maggiore del suo signore, né il messaggero è maggiore di colui che lo ha mandato.  Se sapete queste cose, siete beati se le fate”.
Alcune chiese e gruppi praticano ancora oggi lavanda dei piedi. 
Gesù non aveva nessuna intenzione di stabilire una tradizione, un cerimoniale, ciò che ha fatto aveva una natura simbolica di servizio e sottomissione reciproca, di umiltà. 
Gesù sapeva che tra i pericoli più gravi di ogni discepolo di tutti i tempi erano l'orgoglio, l’egoismo e la vanagloria.
Colin G. Kruse riguardo il lavaggio dei piedi di Gesù agli apostoli scrive: “L’azione di Gesù non aveva precedenti. Una moglie poteva lavare i piedi a suo marito, i figli potevano lavare i piedi al loro padre, e i discepoli potevano lavare i piedi del loro maestro, ma in ognuno di questi casi, esso sarebbe stato un atto di estrema devozione. Il lavaggio dei piedi era normalmente fatto da un servo, non da coloro i quali partecipavano al pasto, e certamente non da colui il quale presiedeva alla mensa”. 
Quando i discepoli si avvicinarono al cenacolo, nessuno dei discepoli si offrì di fare quest’umile compito di lavare i piedi! 
Tra di loro, c’era contesa su chi fosse il più grande (Luca 22:24). 
Gesù insegnò una grande lezione di umiltà lavando loro i piedi! 
“In verità, in verità” (Amēn, Amēn) significa “veramente, veramente”, indica una dichiarazione solenne, introduce una dichiarazione che esprime non solo una verità, o un fatto, ma un fatto importante, una solenne verità, e indica un avvertimento. 
I discepoli di Gesù non devono prendere troppo alla leggera la prospettiva che li attende come discepoli ed emissari di Gesù nel mondo.
Messaggeri e servitori non devono pensare a se stessi trascurando i compiti assegnati dal loro superiore in vista anche del servizio verso gli altri.
I discepoli sono chiamati a servire e a essere sottomessi gli uni gli altri (Galati 5:13; Efesini 5:21; 1 Pietro 5:5). 
Eppure l’uomo è più incline a far prevalere i propri diritti, a ricercare i posti migliori di preminenza ed è riluttante a prendere posti subordinati.
Quando siamo tentati a pensare alla nostra dignità, al nostro prestigio, o ai nostri diritti, o privilegi; quando dobbiamo assumere un compito umile, o accettare un ruolo minore, quando siamo chiamati a soddisfare le esigenze degli altri prima di incontrare le nostre, quando cerchiamo un lavoro che nessun altro vorrà fare, allora facciamolo allegramente guardando al Signore Gesù che si alza da tavola, depone le sue vesti, prende un asciugatoio, prende una bacinella d’acqua, s’inginocchia e comincia a lavare i piedi e ad asciugarli con l’asciugamano.
Se il Signore della Gloria era disposto a umiliarsi e ad assumere un ruolo così basso come facevano gli schiavi nel lavare i piedi, come non possiamo farlo anche noi?
Se il “Mandante”, il Maestro e il Signore ha lavato i piedi come non possono farlo coloro che sono mandati?
Molti mandati sembrano ignorare questa verità, mettono al centro se stessi e non Cristo e gli altri, anzi li usano per affermarsi, e per i propri interessi! (cfr. Ezechiele 34:1-10; Romani 16:18; 2 Pietro 2:3;Giuda 12,16) 
CONCLUSIONE
Questa parabola con varie versioni, in diversi contesti c’incoraggia a guardare a Gesù a seguirlo: a essere preparati spiritualmente; pronti a soffrire come Lui,  ad avere successo e a essere servi gli uni degli altri come ha fatto Lui!
Gesù è il modello da seguire se siamo suoi discepoli e servi; non dobbiamo guardare altrove!
Il mondo ha tanti maestri e signori, il cristiano ha solo Gesù Cristo e sarà ben felice di seguirlo e di assomigliargli! 
Se sei un discepolo di Gesù, se sei uno suo servo sei chiamato a essere come Lui!
Chi stai guardando?

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